mercoledì 30 aprile 2014

letto

come diceva sempre la mia nonna clementina, che per tutta la mia infanzia ho dormito nel lettone con lei,

'eh sì, quello che ha inventato il letto è stato proprio bravo!'

famiglie di geni

l'italia è proprio un paese strano.
non sono solo i soldi, a essere concentrati nelle mani di poche persone. sempre meno, dicono le ricerche.
no, in italia ci sono anche le concentrazioni di geni. che non so come mai, di da vinci, buonarroti, anche mozart, per dire, ce n'è uno solo.
invece adesso ci sono dei nomi, non so se qualcuno ci ha fatto caso, che ormai sono come i personaggi dei miti, punteggiano le nostre vite da sempre, non basta
il cognome, devi dire anche il nome, che certe volte non basta neanche quello, perché c'è il senior e il junior, sarebbe proprio bene chiedergli di donare il seme a quelli, che sono tutti geni. tutti professori universitari, ricercatori, scrittori, esperti. anche se al corso sull'iperdotazione, ci hanno detto, ma tra parentesi, che di solito sono le madri a trasmettere i geni dei geni. ma forse è proprio per quello, perché si sposano, anche, tra geni, che anche le mogli, le figlie, le cugine, son tutte geni anche quelle.
sono nomi tipo berlinguer, ichino.
prodi (nomen, omen). oggi alla radio hanno intervistato uno, tale giorgio prodi, che pare sia il più grande esperto di cina che c'è in italia, che ha detto delle cose che boh, a me non mi hanno convinta più di tanto, tipo che la cina non ha tanta voglia di diventare, come pare diventerà, la prima potenza economica del mondo, perché ha tanti problemi interni, e hai voglia a risolvere quelli, e mentre sentivamo la radio io faccio al professore: ma che dici, sarà mica parente del professore questo? mah, cosa vuoi, è un nome così comune...
ah sì? non lo sapevo, gli ho detto, comunque io adesso controllo.
e ho controllato. infatti.
giorgio prodi era uno dei nove fratelli prodi, faceva l'oncologo e lo scrittore, e gli hanno anche dedicato una prestigiosa aula dell'università di bologna nonché il centro interdipartimentale di ricerche sul cancro.
 figli di Mario, ingegnere, ed Enrica, maestra, i nove prodi fratelli comprendono anche il politico ed economista Romano, il fisico ed europarlamentare Vittorio, il matematico Giovanni e lo storico Paolo. Tutti 110 e lode.
 ma giorgio prodi, il più grande esperto di cina in circolazione, non è il fratello, bensì il figlio di romano.
ho trovato questo articolo sulla sua laurea che merita veramente di essere letto, cercando di tenere presente che non si tratta del bollettino agiografico della famiglia prodi, ma del corriere della sera, quando il 'genitore semplice' romano prodi era presidente del consiglio comunque, per la cronaca, il corsera è prodigo di questi articoli, sul clan prodi, più aggiornato, ho trovato anche questo).
neanche quando san giovanni paolo II andava in montagna nella famosa baita erano così premurosi, così ricchi di dettagli, i giornalisti. questo qua non ha manco scritto il nome. come mai? mah.
anche tu, vero, ho detto al professore, dopo la discussione della tesi hai fatto la bicchierata nello studio del tuo co-relatore, vero? e poi, figuriamoci, un regalo per la laurea? ha fatto solo il suo dovere! perché alla LSE ci è andato coi soldi guadagnati a  lavorare al fastfood di scandiano, ovviamente (anche ad Harvard, dov'è andato dopo, che obama ha finito adesso di pagarla). e poi tutti dalla zia fosca. forse a festeggiare l'anonima cugina.
metto la foto, se non si legge cliccate sul link qui sopra


venerdì 25 aprile 2014

25 aprile

quando cerchi di resistere, resistere, resistere, e poi cedi proprio a un passo dal traguardo, e tutto quello che avevi fatto non lo sa nessuno, non lo capisce nessuno, tantomeno lui, resta solo il fallimento, e sei solo la solita stronza che deve farsi curare, e guardate bambini cosa sta facendo la mamma...
e non ho neanche più le lacrime nè la misera consolazione di pensare che non è colpa mia.

giovedì 24 aprile 2014

fuckin' perfect

ieri pomeriggio a scuola abbiamo avuto un incontro con marco maggi, che è una persona veramente straordinaria.
intanto appena sono arrivata, un pelo in ritardo perché stavo a vicenza a un altro corso, sullo schermo ha messo una frase di dewey:
NON IMPARIAMO DALL'ESPERIENZA, IMPARIAMO RIFLETTENDO SULL'ESPERIENZA
che sembra una cazzata e invece a me sembra così vera, che tutti stanno lì a fare delle esperienze pazzesche e poi non capiscono niente di niente di quello che succede a loro e attorno a loro.
e poi ha detto altre cose tutte molto interessanti, anche se ha messo ligabue che invece mi sarebbe piaciuto di più vasco, e poi ci ha fatto vedere un video che ho pensato: varda che bella canzoncina la voglio proprio fare coi miei alunni poi ho visto il testo e ho pensato che no. e poi ha messo su un video bellissimo, con una canzone bellissima cantata con una di quelle voci che ce ne sono poche, così, non l'avevo mai sentita, lei si chiama Pink e mi è venuto da piangere, mentre sentivo il video, e oggi ho letto il testo e effettivamente è proprio una bella canzone, a partire dal titolo, che a me il professore ogni tanto mi chiama principessina perfettina, e si intitola fottutamente perfetta, o perfetto

FUCKIN' PERFECT


Made a wrong turn
Once or Twice
Dug my way out
Blood and fire

Bad decisions
That's alright
Welcome to my
silly life

Mistreated
This place
Misunderstood
Miss knowing it's all good
It didn't slow me down

Mistaken
Always second guessing
Underestimated
Looking I'm still around

Pretty pretty please
Don't you ever ever feel
Like you're less then
Fuckin'perfect
Pretty pretty please
If you ever ever feel
Like you're nothing
You're fuckin' perfect to me

You're so mean (You're so mean)
When you talk (when you talk)
About yourself
You were wrong

Change the voices (Change the voices)
In your head (in your head)
Make them like you
Instead

So complicated
Look how we are making
Filled with so much hatred
Such a tired game

It's enough I don't know
How I could think of
Chase down all my demons
I've seen you do the same
(ohh ohhhhhh)

Pretty pretty please
Don't you ever ever feel
Like you're less then
Fuckin'perfect
Pretty pretty please
If you ever ever feel
Like you're nothing
Your're fuckin' perfect to me

The whole world's scared
So I swallow the fear
The only thing I should be
Drinking is an ice cold beer

So cool in line
And we try try try
But we try too hard
It's a waste of my time

Done looking for the critics,
'Cos they're everywhere
They don't like my jeans
They don't get my hair

Strange ourselves and we do it all the time
Why do we do that?
Why do I do that?
(why do I do that?)

Yeah….

Oh pretty pretty pretty

Pretty pretty please
Don't you ever ever feel
Like you're less then
Fuckin'perfect
Pretty pretty please
If you ever ever feel
Like you're nothing
You're fuckin' perfect to me

(you're perfect your're perfect)
Pretty pretty please
If you ever ever feel
Like your nothing
You're fuckin' perfect to me

lunedì 21 aprile 2014

chissà perché


a un certo punto, nel film effetto notte di truffaut, che il titolo originale sarebbe la nuit americaine, che è un effetto cinematografico che anche se è giorno tu vedi come se fosse notte, ed è un bellissimo film sui film, su come si fanno, e tu vai al cinema a vedere un film in cui stanno facendo un film, uno dei protagonisti, che si chiama alphonse che il suo vero nome, dell'attore, è jean pierre leaud, ed è sempre un po' l'alter ego del regista, che è appunto francois truffaut, che però qua fa anche l'attore, che dice: a me non piacciono le cose che finiscono. come i film, appunto.
ecco, neanche a me piacciono le cose che finiscono.
io, per esempio, quando vado ad abitare in un posto per poco tempo, non riesco a fare a meno di stabilizzarmi, non riesco a ricordarmi che sono lì per poco, in prestito come, e le persone, quando conosco qualcuno, che so, a una cena, nel lavoro, i miei alunni, adesso che ne ho conosciuti tantissimi, dopo tanti anni, un po' ho imparato, ma faccio fatica a tenermi fuori, a tenere fuori qualcuno, quando è morto doriano la amica maria che me l'ha detto, mi ha detto: hai presente doriano? che volevo dirle: oh, ma sei scema, credi che non sappia chi è doriano, che è venuto anche a cantare al mio matrimonio, che è una delle persone più divertenti che conosca, delle più buone, anche, ma penso che lei l'abbia detto perché non eravamo amici stretti, eravamo conoscenti, ecco, non sono mai andata a mangiare a casa sua, per capirci, ecco, ma io, le persone, non so, mi si appiccicano addosso, mi si piazzano dentro tutte, con le loro facce, l'altro giorno ero al tosano, che è un mega supermercato, e vedo una, mi pareva quasi che fosse lei, mi ha sorriso, e ho detto: egle, ma sei egle? che era in classe mia alle medie, non ci siamo mai prese tanto, perché io ero la secchiona e lei no, e io ero amica di una che poveraccia faceva tanta fatica, e siccome egle aveva preso un voto fantastico in matematica perché una le aveva passato il compito e la mia amica no, allora l'ho detto alla prof, che qualcuno aveva passato il compito, e da allora, giustamente anche, lei e un'altra mia amica, quella che le aveva passato il  compito, mi hanno odiato, sono passati trent'anni, mi sento ancora male a pensarci, ecco, ogni tanto io a sta storia ci penso, e quando l'ho vista, non sapevo cosa dirle, siamo state qualche secondo il silenzio, poi le ho chiesto dove abitava, figli, le solite cose.
per me non finisce mai niente.
non lo so perché.

domenica 20 aprile 2014

è risorto

non è qui.
ripeto spesso al catechismo che la domenica è l'ottavo giorno. il giorno dopo il sabato, il settimo giorno, quello in cui anche dio si riposò.
esiste l'ottavo giorno, chiedo ai miei ragazzini? la risposta è abbastanza ovvia, no.
ecco, eppure oggi, pasqua, è il primo degli ottavi giorni.
qualcosa che c'è, e anche no.
è il tempo fuori dal tempo. haec dies quam fecit dominus.
buona pasqua del signore risorto.

giovedì 17 aprile 2014

una strana pasqua


sarà una pasqua sfiorita. calda e sfiorita.
sono già sfioriti anche i ciliegi, che di solito, quando la pasqua è alta, sono gli unici rami da portare al sepolcro, il venerdì santo.
quando c’era ancora il mio parroco, don silvano, il giovedì santo allestiva l'altare della reposizione e chiedeva che si portassero i fiori dagli orti di casa, ed era un tripudio di forstizie, rami di pruno e pesco, tulipani, narcisi, viole… adesso è tutto diverso, i vasi in fila, simmetrici. ordinati.
il ciliegio è una pianta strana. quando vent’anni fa si sposavano tutti, c’era la moda della cucina di ciliegio. che a me, con quel colore un po’ rossiccio, nella cucina laccata, mi sa un po’ da finto, non mi è mai piaciuto. la pianta, invece, quella sì che mi piace, ma bisogna prenderla nel suo insieme, perché i rami sono nodosi, grossolani, con dei nodi che spesso sudano un miele rossiccio che attira le formiche, e i fiori, che a vederli da lontano, sono delle bellissime nuvole bianche, da vicino invece sono grappoli, che saranno poi le ciliegie, cadenti, pesanti. la corteccia, mi piace, dei ciliegi, col suo color argento scuro, ossidato, che si sfalda in orizzontale, a strisce,e le foglie, d’autunno, coi loro incredibili rossi e gialli.
hanno tagliato anche l’erba, ormai, neanche i nontiscordardimè, ci saranno, ormai, fiori che si trovano a maggio, nei campi, e gli iris, le rose e le calle.
ci sono quelli che amano gli animali. a me piacciono le piante.
le piante stanno a casa loro, non ti leccano, non puzzano, non sporcano, non fanno rumore. puoi tagliarne dei pezzi, ricrescono, raccoglierne i fiori e i frutti.
io passeggio in un prato e mi sento a casa mia, conosco quasi tutti, che da piccola avevo deciso che facevo l’erborista. tra le varie cose.

sabato 12 aprile 2014

il cuculo


oggi sono andata al pronto soccorso che credevo di essermi rotta un dito del piede, stamattina, mentre andavo in bagno al buio, beh, insomma, ho deciso di andare al pronto soccorso senza neanche prendermi su un libro, che poi ho aspettato due ore e passa, e mentre scendevo dalla macchina mi sono ricordata che a scuola avevo preso dei libri da valutare per le prossime adozioni, e allora li ho presi dal portabagagli, e c'era una di quelle borse di stoffa che uso quando vado in biblioteca, vuoi vedere che il libro che ormai mi ero rassegnata a ricomprare sta lì dentro, c'era, mai stata tanto contenta di pagare la multa di tre euro, il libro non l'avevo neanche letto, è un libro sulla scrittura, di annamaria testa che io credevo fosse la figlia di armando testa, quello di carmencita, invece no, non sono neanche parenti, lei è quella di perlana? passaparola, che si capisce subito uno quanti anni ha se quando dici è nuovo? quello risponde no, lavato con perlana, minimo ha 35 anni, beh, insomma, sto libro sulla scrittura di annamaria testa non ero ancora riuscita a guardarlo, e l'ho fatto oggi, nella sala d'aspetto del pronto soccorso. sono una serie di esercizi che la testa aveva preparato per un corso di scrittura che ha fatto durante il festival della rivista Internazionale che fanno a ferrara.
allora comincio a guardare sti esercizi, che uno dovrebbe farli subito, il primo era dire a qualcuno, che non sa cosa siano né l'acqua né un bicchiere, che deve bere un bicchiere d'acqua.
e vabbè, l'ho saltato.
il secondo era una foto, ch dovevamo dire cosa vedevamo, che sensazioni ci suscitava.
io, a dire la verità, la prima cosa che ho pensato è che era un brutto fotomontaggio, perché uno dei due uccelli stava lì senza far niente, che mi pareva proprio appiccicato lì, che nutrire i piccoli è una cosa frenetica, mentre uno dà il verme, l'altro va a caccia, mica sta lì impalato a guardare.
comunque.
c'erano due uccelli vicino a un piccolo nido, uno stava nutrendo il piccolo, l'unico, ciccione, occupava tutto il nido, che a me, la prima cosa che mi è venuta in mente, a vedere quell'uccello grosso, che da solo riempiva tutto il buco, mica come sono i piccoli senza piume che sono tutti occhi e becco, questo era un uccello fatto, che non gli assomigliava per niente ai suoi genitori, e io, la prima cosa che ho pensato, è che quello fosse uno schifoso cuculo.
e infatti.
ma di quelli che avevano fatto il corso, non l'aveva mica capito nessuno, che quello era un cuculo usurpatore  che mangiava a sbafo dopo aver fatto fuori i legittimi occupanti del nido, e non l'allegra famigliola felice di un'idillica scenetta disneyana.
allora ho pensato che forse la dottoressa mormando un po' di ragione ce l'ha.
e il sito di annamaria testa è veramente interessante, si chiama nuovoeutile.it e ha un sacco di risorse sulla cratività.
e poi quando sono tornata a casa ho finito i fratelli karamazov.

niente dura

Quando cammino su queste dannate nuvole
Vedo le cose che sfuggono dalla mia mente
Niente dura niente, niente dura e questo lo sai
Però non ti ci abitui mai

Quando cammino in questa valle di lacrime
Vedo che tutto si deve abbandonare
Niente dura niente, dura e questo lo sai
Però non ti ci abitui mai 
Chissà perché
Chissà perché
Chissà perché

Quando mi sento di dire la verità
Sono confuso non son sicuro
Quando mi viene in mente
Che non esiste niente
Solo del fumo, niente di vero

Niente è vero niente è vero, niente
Forse lo sai, però tu continuerai

Chissà perché

Chissà perché
Chissà perché
Chissà perché
Quando mi viene in mente che non esiste niente
Solo del fumo, niente di vero

Niente dura niente, dura e questo lo sai

Però tu non ti arrenderai 

 Chissà perché

Chissà perché
Chissà perché
Chissà perché
Chissà perché

Quando mi viene in mente che non esiste niente…

VASCO

I fratelli karamazov 4 - la cipollina

E' soltanto una favola, ma è una bella favola.
'C'era una volta una donna cattiva cattiva che un giorno morì. E dietro di sé non lasciava nemmeno una buona azione. I diavoli la afferrarono e la lanciarono nel lago di fuoco. Ma l'angelo custode della donna si mette a pensare: che buona azione posso ricordare per dirla a Dio?
Se ne ricordò una e la riferì al Signore: una volta strappò una cipollina dal suo orticello e la diede a una mendicante.
Allora Dio gli rispose: prendi anche tu quella stessa cipollina, allungala verso di lei nel lago, fa in modo che lei ci si aggrappi per tirarla fuori: se riesci a tirarla fuori dal lago, che vada pure in paradiso, ma se la cipolla si strappa, che la donna rimanga lì dov'è.
L'agelo corse dalla donna, le allungò la cipollina e le disse: Aggrappati e io ti tirerò fuori.
E cominciò a tirarla piano piano e l'aveva tirata fuori quai tutta, quando gli altri peccatori che erano nel lago videro che la stavano tirando fuori e cominciarono tutti a tentare di afferrarla, in modo da essere tratti in salvo anche loro.
Ma la donna cattiva cattiva cominciò a scalciare: Stanno tirando me e non voi, la cipollina è mia, non vostra.
Non aveva ancora finito di dirlo che la cipollina si spezzò. La donna ricadde nel lago ed è ancora lì che brucia. E l'angelo scoppiò a piangere e volò via.'

F. DOSTOEVSKIJ, I fratelli karamazov, p. 488

venerdì 11 aprile 2014

in due


Lo dico sempre anch’io, in due è il massimo, per stare insieme, se vuoi stare insieme, in dieci, in venti, come fai a stare insieme? La gente invece gli piace d’essere in tanti, Eravamo una trentina, senza contare i bambini, e sono contenti, Stiamo insieme, che non vuol dir niente, starai attaccato, non insieme, più siete e peggio è, stare insieme è un’altra cosa, non te n’accorgi? No, non se n’accorgono, per loro, essere in pochi è come non esserci, loro hanno bisogno d’essere in molti, in cento, in mille, in diecimila, in centomila, che io, ci sono stato anch’io, per San Martino, alla festa della Pieve, mangiare, bere, canti, ridi, urli, perché devi urlare, è tutto un urlìo, se no non ti senti, e per loro è allegria, che era un casinocasino, e io lì zitto in mezzo, cosa vuoi che ti dica, mi pareva, ma davvero, d’essere solo, invece in due, tu e lei, la sera, in casa, che a un certo momento spegni la televisione, chiacchieri un po’, lei va di là, torna, sorpresa! due gelati, vuoi crema o cioccolato? poi ogni tanto si esce, si va nei posti, a mangiar fuori, al cinema, il cinema è una roba, come da bambini le favole, si sta lì tutti a sedere, zitti, incantati, se ti viene delle volte da dir qualcosa, dietro c’è sempre uno che protesta: ssst! silenzio! poi, Fine, si accendono le luci, è come svegliarsi, ti alzi, e basta un niente, che le tieni il cappotto, che se l’infila, che la stringi, non molto, solo sentirla.

raffaello baldini, citato da paolo nori qui

think pink 4 - la maestra gabriella

la mia maestra delle elementari si chiama gabriella. io dico che è la mia maestra anche se in realtà io, di maestre, alle elementari, ne ho avuto un sacco, venivano un paio di mesi una, poi arrivava un'altra, e l'anno dopo era la stessa storia, solo la maestra gabriella si è fermata due anni, in quarta e quinta, io li ricordo come gli anni più belli della mia vita. a me di solito mi piacevano tutte, le mie maestre, a parte quella di terza, che la vedo ancora e ogni volta che la vedo la odio, un po', perché io nella mia classe di una scuola che si poteva dire di montagna anche se non era in montagna, eravamo la classe più numerosa, 14, e io ero l'unica a parlare in italiano, perché tutti parlavano in dialetto, l'ho imparato a scuola, io, il dialetto, che io, a casa, mia madre non ha mai imparato neanche il suo, di dialetto, quello emiliano, figuriamoci se parlava dialetto veneto, e mio padre che comunque non parla questo dialetto, ne parla uno che è quello di arsiè in provincia di belluno, che è sempre veneto, ma è molto diverso, a me non sembra neanche tanto, ma una volta che ho detto pàssame l'asèo si sono messi tutti a ridere, ahahaha, aseo!, no se dixe mìa asèo, se dixe ASEDO, a me non pareva sta grande differenza, mia nonna cioè la madre di mio padre col suo dialetto di arsiè diceva aseo, ecco, quindi mio padre anche lui parlava in italiano, e noi fratelli abbiamo sempre parlato italiano, e poi oltre a questo io a scuola ero pure brava, in italiano soprattutto, che in seconda mi ricordo che ho litigato con mia madre perché nei pensierini volevo scrivere stamane, invece di stamattina, che lo dicevano al telegiornale, insomma, quella schifosa di maestra in pagella, che poi fatalità è l'unica pagella che mi è rimasta dalle elementari, quella mi ha dato 7, in italiano, e io sta cosa mi fa venire i nervi, ogni volta che ci penso, perché agli altri cosa gli avrà dato? che poi è venuta la mia maestra, la maestra gabriella, solo che intanto le pagelle le avevano tirate via, c'erano le schede, e le povere maestre dovevano scrivere dei pipponi che non finivano più, quelle lì mi sono rimaste, le schede, e da quello che ha scritto la mia maestra si capisce che mi avrebbe messo dieci, se poteva, ma non poteva più.
la mia maestra quando sono diventata una maestra volevo essere come lei. l'ho ritrovata a scuola, è ancora lì e forse sarà la maestra di mio figlio, lo vorrei tanto. ha la stessa pettinatura di quarant'anni fa, una specie di caschetto tipo cleopatra, ma di capelli mossi,  neri, con la frangetta da cui spuntano dei piccoli occhi azzurrissimi, che ridono sempre, ha tutta la faccia che ride, che sorride, anzi.
ho scoperto da poco che la nostra scuoletta di pseudo montagna non era la sede dell'anno di prova solo per la cara maestra carla, quella che mi ha dato sette, ma era anche la prima esperienza lunga per la maestra gabriella. io l'adoravo. era buonissima e bravissima, come tutte le creature mitiche dell'infanzia. mi ricordo che aveva fatto uno schedario per l'ortografia, scritto a mano, che mica c'erano le fotocopie, e se avevi finito il tuo lavoro potevi andare a sceglierti le schedine, io le facevo sempre, e ci dettava in un quadernino, che mica si usavano i quadernoni, delle cose bellissime di storia e geografia, che poi io ho scritto anche un viaggio immaginario in africa attraverso le varie fasce climatiche, che quando sono andata alle medie me l'hanno messo sul giornalino della scuola, e poi ci insegnava a stare insieme con gli altri, avevo un compagno che non aveva neanche il bagno in casa, e la maestra una volta che lui era assente ci ha parlato di lui, del fatto che dovevamo cercare di essere tutti amici, esere noi ad avvicinarlo, che quando è tornato io gli ho chiesto se voleva una caramella, mi è costato tantissimo, e una mia compagna che si chiama monica se n'è accorta, e mi ha detto: tu sì che ascolti quello che ha detto la maestra eh?, con ammirazione, l'ha detto, e una volta che ci aveva detto di portare dei fiori che dovevamo fare una descrizione, tutti avevano portato dei fiori da giardino e io avevo un mazzetto di fiori di campo e un mio compagno mi aveva detto: ma che fiori gheto portà?? e io li ho buttati nel cestino, e la maestra li ha visti e li ha tirati fuori, e ha chiesto chi li aveva portati, ma io non ce l'ho fatta, a dire: io.
la mia maestra ci ha letto la capanna dello zio tom e il diario di anna frank e tom sawyer, e sicuramente tante altre belle cose, e mi lasciava tenere la manina di cartone dentro al buco del calamaio, finché interrogava, mentre io facevo delle borsine di carta o leggevo i libri.
ieri sono andata al colloquio di agostino che è la stessa scuola dove insegna lei, e mi ero portata i fratelli karamazov, mi ero messa in un angolo a leggere e lei mi ha visto che stavo leggendo e mi ha chiesto cosa leggevo, gliel'ho detto, mah, mi ha detto lei, ho letto guerra e pace, ma tutte quelle descrizioni, venti pagine di battaglie, ma io quelle le saltavo a piè pari! mi ha detto,  io avrei voluto abbracciarla e dirle: vedi perché sei la mia maestra preferita?? e allora, le ho detto invece: allora devi assolutamente leggere questo libro.
mi sa che glielo regalo.

giovedì 3 aprile 2014

scrivere, leggere


l'altro giorno una persona che stimo moltissimo ha detto a quelli che stavano con noi: questa signora qui, che sarei io, è una pittrice... ma non lo sa.
io le ho detto ridendo che no, anche se proprio quella mattina i miei alunni mi hanno chiesto se ho fatto il liceo artistico, da quanto belli - secondo loro -sono i disegni che faccio alla lavagna, perché io non voglio mai che scrivano la traduzione delle parole, voglio che passino direttamente dal disegno alla parola inglese, ma non è vero che sono brava a disegnare, è che io, sapete come faccio?, gli ho detto ai miei alunni, io penso, gli ho detto, volevo dirgli che io, quando faccio un disegno, cerco di pensare ai dettagli caratterizzanti, e anche se non sono brava, il disegno che faccio si capisce subito, cosa volevo dire.
ecco, io non sono una pittrice in nuce. io sono capace di scrivere. non lo so se sono una scrittrice, perché l'idea di superare le due pagine, no, non lo so, e mi sembra sempre che quello che scrivono gli altri siano cose bellissime, le mie, invece...
 il professore non lo sopporta, che io scriva.
e questo mi fa male, che lui creda che io faccia questo, scrivere, intendo, solo per dire cose false e cattive su di lui. noi.
che quando ci siamo conosciuti, io e il professore, la prima volta che sono andata a casa sua, non stavamo ancora insieme, appena sono arrivata, ho trovato un libro, mi ricordo esattamente anche dov'era, il coraggio del pettirosso di maurizio maggiani, un libro bellissimo, era da tanto che non leggevo, non so perché, a un certo punto non leggevo più niente, soprattutto di grosso, avevo deciso che leggevo solo racconti, comunque quel libro lì, non lo mollavo più, voglio dire, lo sai che sono così, sono sempre stata così, se ho passato i primi tre giorni a casa tua a leggere un libro, perché adesso non lo sopporti più, perché continui a fare i confronti con le altre, io non sono come le altre,  che poi cosa vuoi che siano le altre, ognuna ha le sue caratteristiche, è ovvio che se fai un confronto tra uno e tutti gli altri, allora dillo, ti piace vincere facile, eh?
ieri in biblioteca ho trovato un librettino, si intitola la verità della poesia, è di un poeta che si chiama paul celan, sono le sue uniche prose, un paio di discorsi in occasione di premi, qualche intervista.
in una di queste allocuzioni, celan scrive:
Con questa lingua, in quegli anni e negli anni che seguirono, io ho tentato di scrivere poesie: per parlare, per orientarmi, per accertare dove mi trovavo e dove stavo andando, per darmi una prospettiva di realtà.
E fu, chiaramente, vicessitudine, movimento, un porsi in cammino; fu il tentativo di trovare una direzione.
(...)
La poesia, essendo una manifestazione dialogica per natura, può essere un messaggio nella bottiglia, gettato a mare nella convinzione -  certo non sempre sorretta da grande speranza -  che esso possa un qualche giorno e da qualche parte essere sospinto a una spiaggia, alla spiaggia del cuore, magari. Le poesie sono anche in questo senso in cammino: esse hanno una meta.
Quale? Qualcosa di accessibile, di acquisibile, forse un tu, o una realtà, aperti al dialogo.
Sono, io penso, codeste realtà a interessare la poesia.