domenica 30 novembre 2014

italiacano 12


VISITA FOGNATRICA.
motivo: DISFONIA.

c'è scritto nella mia ricetta rossa, me ne sono accorta solo stasera.

martedì 25 novembre 2014

donne e nutrie

qualche giorno fa, su facebook, ho scritto un commentino a un post di un mio amico, che commentava a sua volta con un 'che schifo' l'ultima copertina di internazionale in edicola, in questa settimana in cui cade la giornata internazionale contro la violenza sulle donne. la copertina era questa:



i commenti alla suddetta copertina erano piuttosto uniformi: quelli degli uomini, tutti di area destrorsa, oltre allo schifo, che pare sia il sentimento più comune che suscita l'aborto, e alle critiche scontate alla linea del giornale, si appuntavano poi sulle caratteristiche poco femminee della ragazza in copertina, definita aborto essa stessa, donna mancata, senza vagina eccetera. mentre le donne, sostanzialmente, ribadivano il diritto di abortire.
ma la gravidanza evento comune, perfino normale nella vita riprouttiva della donna?? evento normale, vita riproduttiva. abortire come partorire, perdere un figlio come averlo???
avevo cominciato a scriverne nel commento, ma ho preferito lasciar perdere, quando mi sono accorta che la questione era troppo grossa, ma anche che, evidentemente, lo era solo per me, perché quello che mi aveva colpito allo stomaco a me non aveva sollevato manco un'obiezione. le leggi naturali non esistono, me lo dice sempre anche il professore. non esistono per l'omosessualità, non esistono per la famiglia, per l'essere uomo, o donna.
ma se si tratta dell'aborto, allora la donna diventa un organismo come tanti altri, un animale. libera di non fare niente, secondo la linea di pensiero sottesa a queste affermazioni, assoggettata alle leggi naturali di nascita, crescita e morte, e basta.
una mucca, una mucca ha una vita riproduttiva. un batterio, anche.
un figlio un avvenimento comune, mi sono chiesta di che cazzo di idea di 'evento comune' stesse parlando questa, di che cazzo di vita riproduttiva stava cianciando, che continuano tutti a dire che la normalità non esiste, che non si può neanche dire, è normale, non è normale, tra un po' non è più normale neanche dire che un figlio nasce da un uomo e da una donna, però per l'aborto sì, quello è normale, e io mi sono vista davanti tutte ste donne che si sottopongono a trattamenti terrificanti, bombardamenti di ormoni, intrusioni di tutti i tipi nel loro corpo e nella loro anima pur di avere sto cazzo di figlio che non riescono ad avere, perché non glielo vai a dire a quelle, che normale che è, avere un figlio,  o a quelle che non vogliono averlo e poi quando non possono più averlo allora lo vorrebbero, o a quelle che un figlio, purtroppo, lo perdono prima di perdere la loro vita, ed è una cosa di una pena incredibile, mi sembra impossibile che una donna non lo capisca, che non abbia mai conosciuto, che non abbia mai parlato con una donna che ha perso un figlio.
quando ero incinta di agostino, i primi giorni, ho avuto un distacco molto grosso, che nessuno dei ginecologi dell'ospedale di rieti pensava che si sarebbe riattaccato, e mi tenevano lì, ferma immobile, venti giorni ci sono stata, più che altro ad aspettare che avessi l'aborto.
una ragazza, un'avvocata, si era fatta anche portare il lavoro in ospedale, che, volevo dirle, ma lascia perdere, ma mettiti calma, il bambino l'ha perso. era in camera con me. era un paio di giorni che il feto era morto. è stata una cosa terribile, perché, io non lo sapevo, ma quando abortisci, dipende da quando ti succede, ma in quel momento lì, tre mesi, ti inducono le contrazioni come per il parto, hai quel dolore orrendo che io ancora non lo sapevo quanto fosse dolore, solo che ce l'hai sapendo già che non servirà a niente. una cosa terribile, il dolore del parto senza il parto. tre, giorni, ha pianto, quella. era la seconda volta che le capitava, ma l'altra volta le era successo prima, e non era stato così orrendo. una cosa normale, comune, certo, come no, ma che cazzo stai dicendo.
ecco, oggi ho sentito alla radio un articolo, questo,
http://www.avvenire.it/Commenti/Pagine/ma-la-donna-non-e-una-nutria.aspx
che dice un po' quello che ho pensato, confusamente, dolorosamente io, e lo ricopio nel caso venga cancellato, prima o poi, dal web, ringraziando l'autore, Luigi Ballerini, e il mio giornale, Avvenire, per averlo scritto e pubblicato
«Interrompere una gravidanza dovrebbe essere considerato un evento comune, perfino normale, nella vita riproduttiva di una donna. Proprio come avere un figlio». Questa frase della scrittrice statunitense Katha Pollitt campeggia sulla copertina del numero 1.078 dell’ "Internazionale" accanto alla foto di una donna, dal volto di ragazza. La giovane indossa sopra i jeans una maglietta nera con una scritta bianca: «I had an abortion» (ho abortito).

A prima vista potrebbe avere tutte le carte in regola per sembrare un manifesto pro-aborto. Ma non lo è. È piuttosto il manifesto di una riduzione. La riduzione del corpo a organismo, la riduzione della donna alla sua componente biologica. Vita riproduttiva, ecco il termine centrale e determinante. La donna sarebbe quindi un organismo che nasce, cresce, si riproduce (o non si riproduce) e muore, un organismo per cui sarebbe uguale far nascere un figlio oppure eliminarlo.

Esattamente come una gatta, una mucca o una nutria per le quali immaginiamo che nascita o aborto non siano eventi accompagnati da particolari affetti, ma solo dalle contrazioni ritmiche dei muscoli, l’accelerazione del battito cardiaco e l’aumento della frequenza respiratoria. Ecco la donna ricacciata in una presunta animalità, privata del suo pensiero, ossia della sua anima, del suo spirito, buona per un documentario del National Geographic.

Questo processo di normalizzazione – in realtà di banalizzazione – riduce ciò che invece può costituirsi come evento nella vita della donna. Non solo non è "normale" abortire, non è affatto "normale" nemmeno avere un figlio. Non c’è assolutamente nulla di scontato. Avere un figlio rappresenta un evento eccezionale, che può accadere o no sia per volontà della donna sia per condizioni naturali, un evento tuttavia che si accompagna sempre a riflessioni e affetti intensi, a paure e desideri, a speranze e angosce. Altro che "comune" e "normale".

Le donne non hanno una vita riproduttiva, hanno una vita e basta. A volte difficile, ma sempre intensa, mai banale. In essa si danno accadimenti diversi che riguardano il loro corpo, un corpo vivificato e umanizzato dal pensiero capace di provare a realizzare i desideri, identificare i problemi e cercare delle soluzioni.

Katha si sbaglia. Una donna non è mai una nutria, qualunque cosa faccia. Una donna è un soggetto che pensa e che vive accordando il suo moto, secondo la forma di questo pensiero, in modo da stare bene ed essere felice assieme alle persone che incontra, che sceglie e che ama. Questa, se vogliamo, la possiamo chiamare normalità.
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mercoledì 12 novembre 2014

il giovane favoloso



stasera grazie alla mia mamma ho potuto andare a vedere un film. quando sono partita pensavo che avrei visto 'pasolini', ma poi quando sono arrivata al cinema, fuori dal quale ho trovato la mitica rosalina, la mia prof di italiano del liceo di cui ho scritto qualche tempo fa, ho scoperto che alla stessa ora, ma in un'altra sala, facevano il giovane favoloso, il film di mario martone su giacomo leopardi, non so quanti minuti di applausi all'ultima mostra di venezia. naturalmente, giacomo batte pierpaolo 3 a 0, e ho preso il biglietto. in sala, si è seduta vicino a me la mia maestra di prima elementare. la mia storia scolastica in pochi sedili del cinema.
alla fine del primo tempo ho scritto un sms al professore, dicendogli che sinceramente pensavo meglio. lui mi ha risposto con la famosa, per quelli della mia età, battuta della pubblicità delle lavatrici candy: ma lei è incontentabile! come con tuo marito.
e io gli ho scritto: è leopardi che è incontenibile.
come mi ha detto la rosalina all'uscita: mi è sembrato un leopardi un po' vittima dell'ambiente che lo circondava, ma comunque c'è da rifletterci su, c'erano anche della parti molto belle. sì, ho pensato io, c'erano, erano quelle di leopardi.

una petizione che ho firmato


le vittime dell'agguato di via fani

ieri alla radio ho sentito un regista che non conoscevo, ulderico pesce, che parlava del suo ultimo lavoro, ora in scena a trieste, sulla storia del rapimento e uccisione di aldo moro. si intitola moro, i 55 giorni che cambiarono l'italia, un lavoro scritto dallo stesso pesce con la collaborazione del giudice imposimato, che condusse le prime indagini sulla vicenda.
 le solite cose che ormai mi vado ripetendo anch'io come tanti da anni: chi c'era in via fani, che ci faceva quello dei servizi segreti, e soprattutto: chi ha davvero ucciso moro? pesce ha lanciato una raccolta di firme, a cui si può aderire nel suo sito a questo indirizzo:
http://www.uldericopesce.it/index.php?option=com_petitions&view=petition&id=47 per chiedere la desecretazione di tutti i documenti sull'assassinio di moro e della sua scorta.
ma sono scoppiata a piangere quando pesce ha denunciato il fatto che la lapide in via fani, dove sono stati assassinati alle ore 09:00 del 16 marzo 1978, l'autista di moro, appuntato dei carabinieri Domenico Ricci, 42 anni, il responsabile della sicurezza, maresciallo dei carabinieri Oreste Leonardi, 52 anni, e gli agenti della scorta di moro: la guardia di Pubblica sicurezza Giulio Rivera, 24 anni, il vicebrigadiere di Pubblica sicurezza Francesco Zizzi, 30 anni, e la guardia di Pubblica sicurezza Raffaele Iozzino, 23 anni, la lapide che ricorda questi servitori dello stato, che andavano volontariamente incontro alla morte ogni giorno perché non avevano macchine blindate, e lo sapevano, questa lapide sta a livello del marciapiede, e i cani ci pisciano sopra. la petizione chiede anche questo, che la lapide venga alzata, insieme alla memoria di queste persone, il cui omicidio è rimasto impunito.
tutti i brigatisti ritenuti responsabili per questi fatti sono liberi o, come gallinari, sono morti a casa loro da uomini liberi. uno ha un ristorante in nicaragua.

la targa che ricorda la strage in via fani

un grande maestro, un grandissimo allievo





"al mondo non c'è niente di più bello che capire"
g. c. argan




giulio carlo argan, lo storico dell'arte che generazioni di liceali hanno odiato per via del suo manuale verde di storia dell'arte, che il problema era che non era un manuale, ma noi dovevamo usarlo come se lo fosse, e io, in particolare, oltre a capirci poco, non sapevo che farmene, cosa dire, dopo aver letto tutti quei bei discorsi sull'arte greca, che mi ricordo soprattutto quelli, argan, dicevo, aveva iniziato come tanti bravi studenti figli di buona famiglia, a studiare giurisprudenza. un giorno è entrato nell'aula dell'università dove insegnava lionello venturi, e resta folgorato dalla sua lezione su monet.

passa così a quegli studi, e un giorno il professore assegna un approfondimento per casa. argan glielo consegna e il prof gli fa: ne parliamo venerdì prossimo. il venerdì il prof neanche lo chiama, e passa allo studente successivo nell'elenco. pensando che non gli fosse piaciuto, alla fine argan gli chiede timidamente come mai non gli avesse detto nulla, e lui gli fa: è già in tipografia, lo pubblichiamo sull'ultimo numero di non so che rivista.
 a 27 anni argan, già funzionario statale (una specie di soprintendente alle belle arti di adesso) viene chiamato come ispettore centrale a roma, al ministero dell'educazione, dove da lì a pochissimo diventerà consigliere del ministro luigi bottai.
quando mussolini chiede di cambiare il nome di piazza cordusio a milano, argan, di suo pugno, scrive a mussolini che la cosa non si deve fare, perché cordusio significa 'cors ducis, cuore del duce. mussolini, immediatamente approva, e la piazza conserva il suo nome. in realtà cordusio significa corte del duca.


mercoledì 5 novembre 2014

divorzio

oggi alla radio hanno detto che forse si potrà divorziare davanti al sindaco, e mi è venuto in mente che qualche giorno fa ero in coda alla posta e uno ha chiesto allo sportello se era vero che si poteva fare domanda di divorzio alle poste, o era una balla, quella della posta gli ha detto che lei, per quello che sapeva lei, non ne sapeva niente, non avete dei moduli, ha chiesto quello, no no, niente del genere, per il momento niente, ha risposto l'impiegata.