giovedì 2 luglio 2015

gli increati

Giocarsi la pelle
Giochi di potere
il corpo del reato
Sei tornato, papà?
la femmina della specie
Tutta colpa della neve
Cairo Automobile Club
Identità rubate
Il sangue degli innocenti
Professione Lolita
Il sole è una donna
Alberi senza radici
L'anno del diluvio
L'ombra del vento
Area 7
L'incidente

questi sono i titoli dei libri appena restituiti, che si presume siano stati letti, nella mia biblioteca. ho copiato i titoli dallo scaffale che c'è vicino al banco prestiti, mentre aspettavo il mio turno. a parte tom clancy, l'autore di giochi di potere, non ho mai sentito nessuno di questi titoli né i loro autori. è incredibile, e sconfortante, vedere quanti libri esistano che non ho mai neanche sentito nominare, e che tutti li leggono, tranne me.
io stavo aspettando un libro che quando l'ho visto ho fatto un colpo, per fortuna che mi ero portata una borsa di plastica, saranno più di mille pagine, ho pensato quando l'ho visto, un mattone enorme, e infatti sono 1013, senza l'indice, è l'ultima fatica, il libro definitivo, hanno scritto così, di antonio moresco, che anche questo, sì, l'avevo sentito, ma così, per sbaglio, cioè, pensavo fosse un altro, ecco.
si intitola gli increati, che come titolo, devo dire, non mi piace per niente. è che avevo letto una presentazione, che poi ho scoperto essere la seconda di copertina, che anche questo, se lo sapevo, magari non ci credevo mica così tanto, a quello che ho letto, perché il libro l'ho richiesto dopo che avevo letto da qualche parte che
"Gli increati è un romanzo vertiginoso, che coinvolge e cattura con la sua spinta narrativa travolgente, un testo autonomo e, nello stesso tempo, il culmine di un unico progetto cominciato più di trent'anni fa con Gli esordi e proseguito con Canti del caos. E' un'opera che taglia e oltrepassa i nostri giacimenti narrativi, poetici, mitici, religiosi, i saperi scientifici, economici, storici, filosofici, il nostro sentimento del mondo, il nostro pensiero e le nostre conoscenze. Che ci trasporta in una dimensione dove non eravamo mai stati, in zone ritenute inaccessibili. Ci confronteremo con un'idea di letteratura a tutto campo, che prende di petto l'indicibile, ancora capace di portare sfida, rischio, avventura, sfondamento, invenzione, visione e passaggio, con un'opera che, mai come in questo caso, si pone non solo come mondo ma anche come ultramondo, abolendo le barriere di vita, morte, vita dopo la morte e immortalità."
comunque vabbè, l'ho preso, penso di essere la prima, a leggerlo, è nuovo di palla, un po' perché è appena uscito, ma un po' forse anche perché tutto il libro parla di com'è la vita, anzi la non vita, dei morti.
come al solito, evidentemente io non ci capisco niente, di letteratura, forse è per quello che non mi sono mai laureata, forse aveva proprio ragione silvio ramat, che quando gli ho presentato una bozza di analisi del testo che avevo fatto su delle poesie di alda merini, mi ha chiesto a bruciapelo, con quel suo tono sempre gentile, pacato, l'accento fiorentino che sono cinquant'anni che stai a padova ma continui ad aspirare la ci che solo per quello uno si sente una cacca, io col mio accento veneto che quando mi sento di rimando nel cellulare, che non so perché quando telefono a mio marito, solo con lui mi succede, mi sento l'eco e mi sembra così brutto, così sgradevole, una volta uno che mi telefonava non ci eravamo mai visti poi quando ci siamo conosciuti mi ha detto che lo sapeva, che non ero uno scorfano (l'antifrasi, era la sua figura retorica preferita) perché l'aveva capito dalla mia voce, a me fa schifo lo stesso, sentirmi, quando parlo, comunque silvio, dal profondo dei suoi occhietti azzurri, di ghiaccio, quella volta mi ha chiesto ma lei, un libro, l'ha mai letto un libro in vita sua? e l'ha detto come se non fosse una domanda retorica, che doveva sembrare una domanda vera, come se lo volesse sapere veramente, se io un libro l'avevo letto o no, nella mia vita, che se l'avesse detto con un tono strafottente, sarebbe stato meno brutto che così, ne sono sicura.
che io, sto libro che nel secondo capitolo la parola morti ricorre più di 40 volte, le avevo contate, l'altra volta che avevo cominciato a scrivere questo post, ma non so come, ogni tanto mi succede, il post si è cancellato, perché non scrivi su word, mi ha chiesto il professore, eh, è difficile da spiegare, gli ho detto, è che non riesco a scrivere, mi fa una fatica, non so perché, non lo so spiegare, ma mi sono accorta che funziona così, vado meglio se scrivo on-line, che se devo metterci dentro una foto gliela trovo subito, insomma adesso non ho tanta voglia di ricontarla, sta parola, comunque, adesso lo faccio, perché io ho questa condanna qua, che sono perfezionista, una casinista perfezionista, una cosa insopportabile, da essere, già è dura essere perfezionista, ma casinista, insomma ho contato, sono 43 volte che ricorre la parola morti, in 5 pagine, da pagina 13 a 17, no, non ce la faccio proprio a leggerlo, non dico che questo moresco non sia uno di questi
'scrittori che portano avanti un'idea originalmente italiana, viva nella lingua, potente, faticosa, lontana dalla gran parte della produzione contemporanea, che nel frattempo ha preso un'altra strada, parallela, costruita su modelli angloamericani con mattoncini di italiano standard, la cui origine è più nel cinema, nella televisione o nella letteratura tradotta, piuttosto che nella tradizione letteraria italiana', come ha scritto in un post andrea coccia  sul sito linkiesta.it, post che si intitola gli Increati, un romanzo per un'Italia che non c'è, che dal titolo si capisce benissimo cosa vuole dire, che questo libro è un libro per pochi, per pochissimi, nessuno, praticamente,
'il perché è piuttosto semplice: in Italia non c'è più un pubblico - o meglio: un pubblico in grado di poter essere definito mercato - capace di apprezzare questo tipo di letteratura. Anzi, peggio, in Italia sembra stia sparendo il pubblico che ha voglia di leggere e, conteporaneamente, sta fallendo tutto il comparto. Questo, principalmente, perché manca una politica reale per incoraggiare la lettura', dice sempre coccia.
ecco dai, almeno la colpa non è mia. è che manca una politica reale per incoraggiare la lettura. il che è vero, in generale, ma non in particolare, ovvero, non per me. perché a me leggere piace. anche senza nessuna politica,  che come ho scritto in quella abbastanza velleitaria campagna 'io leggo perché', io leggo perché non posso farne a meno.
beh, insomma, io, quello in cui non concordo col signor coccia, è che ci sia un'idea originalmente italiana, quella dei moresco, arbasino e, aggiungo io senza alcuna pretesa, dei gadda, e un'altra angloamericana, che si ispira al cinema, dei mattoncini di italiano standard, che io credo di aver capito cosa vuol dire, ma non so se sia vero che non è italiana anche quella, perché io, quando ho fatto il corso con mengaldo su calvino e primo levi, non credo che si possa dire che calvino facesse l'occhiolino al cinema, non parliamo di primo levi, e calvino, per dirla con mengaldo, è l'anti-gadda, oltre che l'anti-pasolini (che anche quello, il cinema, magari, ma la televisione, la letteratura tradotta... eh no eh). ecco, io, ma sai che novità, sono dall'altra parte, diciamola così, ma non è una questione di italianità, di livello, di gerarchia.
è che io, le parole, non so, è che le parole, per me, bisogna usarle con parsimonia, ecco.




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